La pace è la strada

VIVERE LA NONVIOLENZA

Aldo Capitini: la filosofia della nonviolenza

Abbiamo il piacere di pubblicare sul nostro sito l'intervento di Federica Curzi, giovanissima e appassionata studiosa di Aldo Capitini, avvenuto all'incontro di mercoledì 19 ottobre a Bologna, dal tema: "Aldo Capitini: la filosofia della nonviolenza".


Che cos'è la nonviolenza? Qual è l'intuizione originaria del pensiero e della pratica nonviolenta? Ce lo ha spiegato Federica mercoledì introducendo concetti come il rifiuto della violenza e della morte, ossia il doppio NO originario che sorge nell'uomo e nella donna, quando sono sopraffatti dall'esperienza della violenza e del dolore; e quindi l'assurdità della morte e della violenza rispetto al valore e al senso originari che la vita ha in se stessa; ancora il non fare violenza e il non uccidere che diventano opposizione attiva al male e alla violenza.
Abbiamo così accolto con passione e interesse la testimonianza di Federica, di come anche attraverso lo studio si è lasciata affascinare dall'intuizione profondissima di Capitini, tanto da dedicargli un libro: Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Assisi. Cittadella editrice, 2004.
Siamo convinti che sia sempre necessario, per ogni persona che vuole impegnarsi per la pace, andare alla radice del pensiero nonviolento, trovare le autentiche e profonde motivazioni, e così possa poi trovare in esse le coordinate per agire coerentemente nella realtà.
Così questo vuole essere un piccolo contributo alla diffusione del pensiero non violento e un invito per tutti ad accostare e approfondire il pensiero così innovativo e controcorrente di Aldo Capitini. Buon lavoro!

In allegato il testo dell'intervento


Federica Curzi vive a Macerata e lavora per l'Università della sua città. Per contatti: federica_curzi@libero.it

CORSO DI FORMAZIONE
San Savino di Montecolombo (Rimini)

Emanuela ha partecipato ad un corso di formazione a Rimini che si è tenuto tra ottobre e novembre.


Vorrei parlare in queste righe della mia esperienza a San Savino di Montecolombo in provincia di Rimini. Lì si è tenuto tra ottobre e novembre il corso di formazione per Caschi Bianchi . Io, in servizio civile nazionale, mi sono ritrovata con altri 34 ragazzi in servizio civile internazionale.

Eccoci


Il nostro servizio in comune ha fondamentalmente la data di inizio, cioè il 1° settembre 2005. Nel primo mese di servizio i ragazzi sono stati impiegati 1 mese in case-famiglia dove hanno vissuto e si sono formati. Ottobre comprendeva un altro mese di formazione : ma insieme agli altri .

Il tutto organizzato dall'Associazione Papa Giovanni XXIII.

La vita comunitaria ha voluto dire dividere tutti i momenti assieme, fare gruppi di lavoro che giornalmente avevano un compito diverso: dalle pulizie al preparare la cena, dall'inventarsi un comico tg da metter in scena il giorno dopo e coronare il sogno di una risata comune; cantare, suonare, anche pregare.

Dividere l'appartamento con troppe persone, assistere a lezioni di ogni tipo: dalla storia, ai diritti, al teatro, ai medici in prima linea, agli ex-caschi bianchi…. Ai tentativi nonviolenti di farci intendere con giochi pratici che mi posso fidare del mio prossimo e se tutti ci fidiamo e collaboriamo ha più senso perdere qualcosa tutti insieme (magari solo l'orgoglio) al posto di che vinca il migliore (trovatosi tale per caso quel giorno). Abbiamo visto film, dialogato tra noi, fatto cartelloni, cercato di mettere assieme le idee.

Siamo stati l'angelo custode di un altro per gioco per alcuni giorni… Abbiamo letto e cercato e scritto poesie.

A me è arrivata questa:



"L'uomo che è capace di sognare
e di trasformare i sogni in realtà
è un rivoluzionario.
L'uomo che è capace di amare
e di fare dell'amore
uno strumento per il cambiamento
è anch'egli un rivoluzionario.
Il rivoluzionario quindi è un sognatore,
è un amante, è un poeta,
perchè non si può essere rivoluzionari
senza lacrime agli occhi
e tenerezza nelle mani.
_Thomas Borge, Nicaragua_

 

 Circa i caschi bianchi, mi è sembrato ovvio riportarvi qualcosa direttamente dal sito. Eccovi un po' di informazioni.

1. I pre-requisiti dei candidati

Diventare caschi bianchi significa condividere dieci mesi o un anno della propria vita con gli altri.

Al di fuori di quelli sottoelencati, non esistono requisiti specifici per diventare caschi bianchi. Non è richiesta nessuna affiliazione confessionale, se non l´adesione al progetto.

 

2. Requisiti richiesti ai candidati

-Essere cittadino/a italiano/a e godere dei diritti civili e politici;

- avere un´età compresa fra i 18 e i 28 anni, entro la data di scadenza di presentazione delle candidature;

- aver conseguito il diploma di scuola dell'obbligo;

- non aver riportato condanne penali in primo grado;

- essere in possesso di certificazione di idoneità fisica con riferimento allo specifico settore, rilasciata dal servizio nazionale;

- Il servizio civile volontario è aperto anche a coloro che hanno già svolto il servizio civile obbligatorio (legge 230/98) o il servizio militare obbligatorio.

2A.Ulteriori requisiti valutabili nella selezione

- Sufficiente conoscenza di almeno una delle seguenti lingue: spagnolo, inglese;

- precedenti esperienze di volontariato nazionale e/o internazionale;

- precedenti esperienze professionali coerenti con il progetto;

- elementi psico - attitudinali e motivazionali coerenti con le specifiche modalità del progetto;

- percorsi formativi o di studio connessi con le tematiche del progetto;

 

3. La formazione

(v. link Formazione)

 

4. Il progetto ed il servizio all'estero Il progetto caschi bianchi, in ottemperanza alla legge 230/98 art. 9 e legge 64/2001 art. 9, sviluppa attività internazionali umanitarie, di pacificazione e cooperazione fra i popoli. Il progetto si articola in una dimensione estera e una italiana.

Le prime esperienze di obiettori di coscienza in missioni internazionali dell´Ass. Comunità Papa Giovanni XXIII risalgono al 1993. Al momento il progetto Caschi Bianchi si propone come una delle principali innovazioni nel campo del servizio civile degli obiettori di coscienza, con lo scopo di proseguire ed ampliare il coinvolgimento dei giovani in servizio civile volontario, come da legge 64/2001. Ogni azione è concepita in modo da essere approcciabile da giovani che scelgono il servizio civile o da volontari disponibili ad un impegno a medio - lungo termine. In una prospettiva principalmente formativa nelle attuali condizioni diventa prioritario, attraverso il progetto, favorire la creazione delle competenze e professionalità, che renderanno possibile la costituzione del corpo italiano dei Caschi Bianchi.

4a.Gli obblighi dei volontari durante il periodo di servizio

- Flessibilità oraria in Italia e all´estero, in accordo alle esigenze della struttura presso cui si presta servizio;

- Disponibilità a trasferimenti in Italia per incontri di formazione;

- Sensibilizzazione sulle attività dei Caschi Bianchi;

- Disponibilità a vivere presso le strutture dell´associazione in Italia come all´estero, e a condividere gli spazi con altri volontari, membri dell´associazione, persone coinvolte nel progetto;

- Atteggiamento collaborativi e rispettoso delle linee educative e comportamentali all´interno delle strutture del progetto e nei confronti degli utenti;

- Atteggiamento rispettoso e collaborativi rispetto al personale e all´associazione con cui si opera;

- Rispetto delle indicazioni fornite dai responsabili delle sedi e dei centri operativi dell´associazione, in materia di sicurezza, rispetto delle normative e dei costumi sociali, salute, alimentazione, comportamento individuale all´interno del progetto;

- Disponibilità a comunicare ai referenti esteri ed italiani eventuali spostamenti e momenti di distacco dal progetto;

- Disponibilità a colloqui pre-espatrio di verifica, con il responsabile centrale dell´associazione comunità Papa Giovanni XXIII, come pure con i referenti delle aree estere dell´associazione;

- Ai fini del rinnovo di visti e permessi di soggiorno, disponibilità ad uscire dal paese in cui si svolge il servizio e a recarsi in uno dei paesi confinanti in accordo con i responsabili dell´ente nel paese di servizio.

 

5. Attività previste dal servizio

IN ITALIA

- Sostegno e progettazione delle iniziative in e dall´Italia;

- Formazione e autoformazione alle attività internazionali e a forme di intervento nonviolento;

- Sensibilizzazione e diffusione del progetto;

- Educazione e sensibilizzazione nelle scuole;

- Approfondimento dei temi della pace, del conflitto, dello sviluppo umani, della povertà;

- Esperienze di solidarietà in Italia;

- Sostegno e aiuto a strutture di intervento sociale a favore di soggetti vulnerabili.

ALL'ESTERO

- Attività di monitoraggio (diritti umani, necessità umanitarie, livello del conflitto e delle tensioni);

- Aiuto umanitario di emergenza (alimentare, sanitario etc.)

- Sviluppo di progetti a favore di fasce particolarmente vulnerabili;

- Visita a famiglie e soggetti vulnerabili e poveri;

- Attività con bambini e ragazzi di strada (visita, animazione, distribuzione cibo, rieducazione)

- Attività di mediazione, pacificazione, interposizione (promozione di occasioni di mediazione, dialogo e cooperazione, peacebuilding);

- Sostegno a microprogetti di ricostruzione e riabilitazione;

- Attività di animazione e di gioco;

- Sostegno a ricongiungimenti familiari e rientro di popolazioni rifugiate o sfollate;

- Collaborazione con organismi internazionali;

- Collaborazione con le forme di rappresentanza italiana presenti nelle aree di intervento;

- Stesura di relazioni apposite da presentare a organismi nazionali e internazionali.

 

6. Retribuzione e permanenza all'estero

La retribuzione per 12 mesi è di 433,80 € mensili, a cui vanno aggiunti 450 € mensili per ogni mese di permanenza all'estero. I mesi di permanenza all'estero previsti dal progetto sono circa 9.L'inizio del percorso: il colloquio

Il percorso di selezione comincia con un colloquio motivazionale mirante a capire cosa spinge il candidato a intraprendere questo cammino. Il colloquio è inoltre volto ad approfondire la conoscenza del candidato, in relazione a competenze specifiche e interessi personali, interesse per i temi della solidarietà internazionale e della pace, interesse a sperimentare concretamente solidarietà e condizione con fasce di popolazione svantaggiate e vulnerabili, interesse a sperimentare modalità concrete di azione e difesa nonviolenta; interesse a intraprendere percorsi formativi e di crescita individuale; sensibilità per l´alterità e il contatto solidale e dialogico con la diversità; impegno a rendere pubblico il progetto di servizio civile e a lavorare per una sensibilizzazione del territorio; volontà e capacità di lavorare per una sensibilizzazione del territorio; volontà e capacità di lavorare in modo cooperativo ed in rete; eventuali esperienze di volontariato nazionale ed internazionale come pure esperienze di lavoro o di studio all´estero.

Al termine del colloquio il candidato viene invitato ad una breve esperienza di volontariato in Italia presso le nostre sedi, al fine di favorire la conoscenza dell´associazione e fornire elementi utili di valutazione al candidato stesso.

 

La formazione iniziale

La prima fase del servizio consiste in una formazione di carattere teorico-pratico. Essa si articola in tre fasi principali: una formazione generale, una formazione specifica ed una specifica-individuale.

 

Formazione generale

Durante questa fase verranno trattati i seguenti argomenti:

- conoscenza dell´associazione Comunità Papa Giovanni XXIII (storia, organizzazione, ambiti di intervento internazionali);

- strutture ed attività dell´associazione in Italia; - l'Obiezione di Coscienza ed il Servizio Civile in Italia ed Europa (breve storia, testimoni, quadro normativo, analisi delle motivazioni individuali);

- storia dei Caschi Bianchi e delle idee di Corpo Civile di Pace;

- i conflitti armati ed interpersonali, la violenza;

- la nonviolenza come metodo di intervento (la mediazione, il dialogo, la fiducia, tecniche di cooperazione di gruppo, tecniche di analisi del conflitto, tecniche di dialogo);

- figure storiche della nonviolenza;

- intervento nonviolento (alcuni esempi, modalità e tecniche);

- progetti internazionali dell´associazione Comunità Papa Giovanni XXIII e le modalità di intervento;

- diritti dell´uomo e dei popoli; elementi di diritto internazionale;

- ONG e Organizzazioni Internazionali in zone di conflitto (UNHCR, ICRC, UE, OSCE,OXFAM, MSF etc.);

- l´ONU, l´UE e gli organismi internazionali; - sviluppo dei popoli e problematiche ad esso collegate;

- problematiche delle povertà a livello internazionale;

 

Formazione specifica

Durante questa fase verranno trattati i seguenti argomenti:

- Organizzazioni e tecniche per la protezione e la tutela dei diritti umani;

- Analisi degli interventi umanitari e degli attori coinvolti (civili e militari);

- Analisi dei conflitti e delle loro caratteristiche;

- Apprendimento di codici di comportamento all´interno dei progetti dell´Associazione;

- Elementi di animazione di minori, elementi di psicologia dei minori in aree di conflitto;

- Elementi base delle implicazioni psicologiche e relazionali in aree di conflitto ed in missioni internazionali;

- Tecniche di gestione di gruppo e gestione dei conflitti in équipe di lavoro;

- Elementi di training e formazione offerti in loco dalle diverse agenzie internazionali, organizzazioni locali e missioni ONU;

- Formazione alla comunicazione ed alla elaborazione di scritti, relazioni, report;

- Training sulla gestione e comunicazione delle emozioni;

- Training per la crescita delle capacità di lavoro in gruppo;

 

Formazione specifica individuale

Durante questa fase verranno trattati i seguenti argomenti:

- Conoscenza della storia, cultura, religione, economia e delle condizioni politiche, legali e sanitarie del paese;

- Studio dei report delle organizzazioni internazionali e delle ONG presenti in loco;

- Approfondimento del progetto in cui il Casco Bianco si impegna (storia, obiettivi, strumenti, strutture, logistica, referenti);

- Studio della lingua locale o lingua necessaria al progetto;

- Incontro con Caschi Bianchi, Volontari, Operatori presenti nel progetto / territorio di invio;

 

Esperienza in struttura durante la formazione

Durante il periodo antecedente alla partenza i caschi bianchi saranno distaccati presso le strutture dell´Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII presenti in Italia, al fine di vivere una esperienza di carattere umano e formativo

 

Kenya

Giornata-tipo di un Casco Bianco

Le visite alle famiglie, il monitoraggio, i contatti con le altre associazioni, l'organizzazione degli impegni, l'accoglienza degli ospiti sono alcune delle attività previste per i Caschi Bianchi in servizio nei Territori.

Lorenzo Guidi

Fonte: Caschi Bianchi - APG23 - 30 ottobre 2003

 

Noi stiamo bene. Stanchi certo, perché siamo sempre di corsa e non abbiamo momenti per noi, sia come gruppo per organizzare, valutare, o semplicemente stare insieme una serata a suonare la chitarra, a fare due chiacchiere o stare ognuno per i fatti suoi a leggere o riposare.

Durante il giorno siamo in giro a Qarara o Khan Younis a visitare famiglie, o al centro del villaggio se ci viene chiesto di partecipare a qualche attività organizzata localmente. Dobbiamo inoltre seguire le 25 famiglie del progetto, sia nella distribuzione dei beni con cui li supportiamo ogni mese, sia semplicemente facendo loro visita (il che vuol dire spesso "perdere" anche mezze giornate per famiglia).

Abbiamo contatti a Rafah e a Gaza, quindi a volte andiamo là a incontrare le persone o le realtà che conosciamo, e spesso creiamo nuovi contatti da coltivare. Stiamo facendo lavoro di monitoraggio nella zona del campo profughi di Tufah e Namsawi, dove andiamo a vedere "come butta" al check point o a trovare qualche conoscente. Ora con il Medical Relief stiamo pensando ad una collaborazione in caso di emergenza. Non si contano le varie ed eventuali che sopraggiungono quasi quotidianamente e che modificano e rimandano incontri già in programma.

La giornata è corta, e verso le cinque e mezza/sei si torna a casa: in questo momento inizia l'andirivieni degli amici e di tutti coloro che ci piombano in casa per farci visita e che non sempre sono i benvenuti. Dobbiamo stare con loro fino alle undici o a volte oltre, per poi finalmente andare a dormire e svegliarci, insh'allah, la mattina dopo. In tutto questo collasso di cose riusciamo anche a trovarci per valutare e organizzare gli impegni. Di tempo per noi ancora non ce n'è.

 

Note:

 

https://www.medicalrelief.org

 

(Questi sono i paesi dove si può andare , per comodità vi ho indicato l'esempio del Cile, ma se andate sul sito, chiaramente troverete informazioni anche sugli altri paesi… Buona lettura!)

www.apg23.org

https://ospiti.peacelink.it/apg23/

 

 

Zambia

Tanzania

Bolivia

Kenya

Bangladesh

Israele

Cile

Cile

Fonte: AA. VV., Guida del Mondo 2003/2004, Editori EMI, Bologna 2003

AA.VV, Chile e Isola di Pasqua, Lonely Planet, 2000

Estensione: 756.826 Km² (più di due volte l'Italia)

Popolazione: 15.328.000 (2001)

Densità: 20 ab/Km²

Capitale: Santiago (4.890.000 ab.)

Lingua: spagnolo

Religione: cattolica 77%, protestante 13%

Minoranze etniche: Mapuche (300.000)

Forma di governo: Repubblica Presidenziale (Ricardo Lagos Escobar dal 2000)

Principali industrie: lavorazione del rame e altri minerali, industria alimentare, pesca, legno, acciaio.

Reddito pro-capite: $ 9.417

Tasso di alfabetizzazione: 96%

Aspettativa di vita: donne 79 uomini 73

Consumo di calorie giornaliero: 2854 pro capite

Tasso di disoccupazione: 9% (2000)

 

CENNI STORICI

 

 

 

Conquistato dagli spagnoli nel 1540, il Cile diventa ufficialmente indipendente nel 1810. Il potere statale si concretizza in una forma di oligarchia, chiamata anche "repubblica aristocratica", che nega la rappresentanza politica ai settori urbani meno favoriti, al ceto medio e alla classe operaia. E' solo nella prima metà del XX secolo che, grazie alle organizzazioni sindacali e ai movimenti politici a favore del proletariato, si ottengono le prime importanti conquiste democratiche e sociali come l'estensione del diritto di voto, la giornata lavorativa di otto ore e la regolamentazione dell'impiego minorile e femminile. A partire dagli anni trenta l'economia cilena, essenzialmente agricola e mineraria, subisce un processo di industrializzazione, principale motore dell'urbanizzazione. Gli anni successivi vedono un maggior coinvolgimento politico della popolazione, che porta nel 1970 alla vittoria elettorale di Unità Popolare, partito guidato dal medico socialista Salvador Allende, il quale si impegna subito in una serie di riforme: statalizza l'industria del rame, le banche e la gestione del commercio estero, e inizia un processo di riforma agraria. Ma le élites estromesse dal potere, timorose del diffondersi in America Latina di un modello socio-economico alternativo a quello liberista, organizzano, con il supporto del Pentagono e della CIA, un colpo di stato. L'11 settembre 1973 le forze armate cilene, sotto la guida del generale Augusto Pinochet, assaltano il palazzo presidenziale provocando la morte del presidente Allende e iniziando un periodo di sanguinosa repressione, macchiandosi di delitti quali la tortura e l'eliminazione fisica nei confronti degli oppositori.

Il periodo dittatoriale è caratterizzato da una fortissima spinta neoliberista attuata sotto le direttive di Milton Friedman e della scuola di Chicago, che aumenta ulteriormente il divario sociale tra le classi. Il malcontento popolare si esprime nel 1988 in un referendum che boccia la proroga di otto anni sul mandato di Pinochet. L'anno successivo è quello delle prime elezioni democratiche, anche se il dittatore rimane alla guida dell'esercito fino al 1998, quando viene arrestato a Londra in seguito alla richiesta di estradizione da parte del giudice spagnolo Baltasar Garzón

 

 

 

PROBLEMATICHE SOCIALI

 

Dittatura e memoria

 

 

"La nostra è stata l'unica transizione, in tutta l'America Latina,

da cui i militari siano usciti vergini e senza macchia"

Un ex capitano dell'esercito

(cit. in M. Cooper, Io e Pinochet, Feltrinelli, Milano, 2003, p. 95)

 

Sicuramente i decenni della dittatura sono stati i più dolenti della storia cilena: le migliaia di persone scomparse, hanno contribuito a determinare una cultura dell'odio e della violenza i cui segni sono evidenti ancora oggi. Soprattutto per l'educazione ai diritti umani, gli stralci del governo Pinochet si rivelano determinanti: la popolazione non vuole dimenticare, cerca di perdonare, ma spesso non riesce a nascondere l'odio e lo sconforto per i familiari perduti. A fronte di questo problema è particolarmente urgente in questo Paese una sensibilizzazione alla pace e alla non violenza, che si incontri con i ricordi passati e permetta ai cileni di superare i traumi della loro storia.

Dopo la nomina della commissione governativa "Verità e Riconciliazione" nel 1990 alcuni dei fatti più salienti, il numero dei desaparecidos e delle torture subite dagli oppositori, furono accertati e resi noti nonostante l'Esercito e la Corte Suprema di Giustizia continuassero a difendere la loro condotta nel periodo della dittatura, negando qualsiasi validità del rapporto della commissione.

Attualmente sono stati aperti procedimenti giudiziari su diverse forme di violazione dei diritti umani:

- Carovana della morte: nel luglio 2003 la Corte Suprema ha archiviato il processo connesso alla Carovana della morte, un'operazione militare che causò la morte di 75 persone nel 1973. La sentenza ha stabilito che Augusto Pinochet non era mentalmente in grado di affrontare il processo e che le sue condizioni erano incurabili.

- L'indagine Prats: sempre nel luglio 2003 un giudice argentino ha chiesto che fosse sospesa l'immunità di cui gode Pinochet quale ex presidente per poterlo interrogare in merito alle uccisioni del generale cileno Carlos Prats e di sua moglie, avvenuta a Buenos Aires nel 1974. A novembre la Corte Suprema ha confermato la decisione della Corte d'Appello di Santiago che aveva rifiutato la richiesta.

- Altri casi: nel corso dell'anno sono stati registrati alcuni progressi e nuove iniziative legali in merito alle passate violazioni di diritti umani. Tra queste figura l'inchiesta sull'uccisione di due bambini, Jim Christie Bossi di otto anni e Rodrigo Javier Palma Morata di sette, avvenuta nel dicembre del 1973, e il processo contro sette persone che avevano fatto parte della Direccíon de Inteligencia Nacional (Dina), direzione dei servizi segreti, accusate del rapimento di circa 20 persone.

- Villa Grimaldi, un centro segreto di detenzione a Santiago, tra il 1974 e il 1975 Dei 20 rapiti non si è poi saputo più nulla. Sono state avviate inoltre delle inchieste sui recenti tentativi da parte delle forze armate di insabbiare le prove dei loro crimini.

 

Le conseguenze del neoliberismo

 

 

 

"Al di là degli eufemismi, la privatizzazione della sanità, della sicurezza sociale e dell'istruzione attuata dai neo-liberali, ha imposto una logica brutale: le cure sanitarie, la qualità dell'istruzione per i figli, la pensione al termine della vita lavorativa dipendono strettamente dal denaro che possiedi"

Le conseguenze dello sfrenato liberismo promosso da Pinochet si manifestano ancora nella vita quotidiana del popolo cileno.

 

In campo educativo ad esempio, nel corso degli anni ottanta, è stata adottata la politica dello "stato sussidiario" attraverso il quale il regime militare ha passato l'amministrazione delle scuole pubbliche alle autorità municipali e ha promosso la partecipazione del settore privato mediante sussidi pro capite equivalenti a quelli concessi alle scuole pubbliche; inoltre ha facilitato la fondazione di università private. In realtà, nell'applicazione delle politiche sociali, si è imposto quale criterio fondamentale il principio del rendimento economico. Ciò è ancora più evidente se si posa lo sguardo sul sistema sanitario: la riforma alla fine degli anni settanta è consistita essenzialmente nel decentramento del sistema ufficiale e nella privatizzazione di una notevole parte dei servizi. Da questa nuova legge nasce l'Istituzione assicurativa sanitaria (ISAPRE), alla quale ogni persona salariata deve versare obbligatoriamente una percentuale del proprio stipendio (7%) per avere una garanzia sanitaria minima. I cittadini possono contrattare maggiori benefici destinando liberamente un contributo secondo le proprie possibilità, in aggiunta alla tassa di base. Si verifica quindi la situazione in cui le garanzie sanitarie e la qualità dei benefici dipendono essenzialmente dal livello del reddito della persona assicurata, senza considerare che vi sono distinzioni nei prezzi relative a variabili come l'età e il sesso.

 

 

Il potere delle armi

 

 

Nonostante le forze armate non rappresentino più il potere politico cileno, la loro influenza è ancora molto forte in tutte le sfere dello stato. L'esercito, i carabineros e le forze di sicurezza vengono accusati frequentemente di abusi e maltrattamenti nei confronti sia della popolazione carceraria sia dei coscritti.

Un'inchiesta è stata aperta nei confronti dei secondini del carcere di Colina II, accusati di percosse e sevizie. La sentenza della Corte d'Appello di Santiago ha stabilito che i detenuti erano stati oggetto di trattamenti crudeli, disumani e degradanti.

Procedimenti giudiziari sono in corso anche per accertare le cause della morte di due giovani arruolati nel servizio di leva.

Il 15 dicembre 1996 Pedro Soto Tapia scompare dalla caserma. I suoi resti vengono trovati tre mesi dopo in una grotta di montagna. Pochi anni dopo muore anche E. Morales vittima di tortura e maltrattamenti in caserma.

 

 

 

L'autodeterminazione dei Mapuche

 

 

 

I Mapuche, popolazione indigena che abita a sud del fiume Bio bio, portano avanti da anni una lotta contro il governo cileno. Questa popolazione, che fin dal 1553 si trova a difendere la propria autodeterminazione, denuncia da anni l'esproprio delle terre, la distruzione delle colture, l'impunità nei confronti delle compagnie forestali private e delle aziende produttrici di energia elettrica nei 200 mila ettari (il 60% dei loro possedimenti) sottratti loro durante la dittatura militare.

Nel 1997 i Mapuche fondano il Coordinamento della Comunità Mapuche che nel 1999 organizza una marcia a piedi fino a Santiago per rivendicare allo stato cileno la restituzione delle terre e prevenire l'espansione delle compagnie private. A seguito degli scontri e della repressione decine di leaders Mapuche vengono incarcerati e processati dai tribunali militari. Sempre nello stesso anno una squadra speciale di poliziotti, assistita da elicotteri, cinge d'assedio il villaggio di Temicuicui.

Il governo annuncia ai Mapuche un indennizzo di 275 milioni di dollari per la costruzione di strade, aiuti tecnico agricoli, borse di studio, ammortizzazione del debito contratto con l'agenzia agricola dello stato, istituzione di scuole bilingui. Tuttavia i leader Mapuche considerano il piano una delle solite promesse infondate, come si sta verificando. La costituzione cilena, infatti, a differenza di altre in America Latina, non offre alcun trattamento speciale alle comunità indigene.

Attualmente è in corso un'inchiesta sulla morte di Edmundo Alex Lemun, un diciassettenne appartenente alla comunità, ucciso nel novembre del 2003 con un colpo di arma da fuoco in uno scontro tra Mapuche e carabineros.

 

 

 

CONTESTUALIZZAZIONE DEL PROGETTO

 

L'area del Cile attualmente più ricca di iniziative è quella di Santiago, capitale del paese che raggruppa quasi la metà della popolazione. Nella città convivono benessere occidentale e estrema povertà: la missione principale dei Caschi Bianchi è quella di supportare, attraverso il principio di condivisione, la vita degli emarginati.

 

Diversi sono i progetti e le modalità di partecipazione:

 

 

Case famiglia

 

Luogo di accoglienza delle persone bisognose all'interno di un nucleo famigliare già formato.

 

Casa di pronta accoglienza

Centro per ragazzi di strada o con un passato di illegalità e tossicodipendenza in cui si cerca di affrontare insieme un percorso di recupero.

 

 

Centro aperto "San Juan Leonardi"

Centro diurno dove sono accolti più di 140 bambini. Si contribuisce sia al loro sviluppo pedagogico sia al sostentamento alimentare.

 

 

Escuelita

Doposcuola in cui i bambini sono impegnati in attività scolastiche e ricreative.

 

 

 

Mensa

Mensa giornaliera che tutti i giorni all'ora di pranzo accoglie i senzatetto.

 

 

 

Note:

 

https://www.desaparecidos.org/chile/">desaparecidos

https://www.amnesty.it/pubblicazioni/rapporto2003/">Amnesty International

https://www.hrw.org/campaigns/chile98/">Human Rights Watch

ahref="https://www.memoriayjusticia.cl/english/en_focus-grimaldi.html

 

 

 

 

Se volete sostenere il progetto Caschi Bianchi ed i suoi costi, potete farlo:

1. tramite bollettino postale n. 13792478

2. tramite conto corrente bancario n. 1633/5 presso CARISBO filiale di San Giuliano di Rimini, CAB 24201, ABI 06385

intestati a:

Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII

Via Mameli, 1 - 47900 Rimini

causale: Caschi Bianchi - Antenne di Pace

 

Essendo l'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII riconosciuta come O.N.L.U.S., le donazioni possono essere detratte dalle tasse fino ad un massimo di 2000 euro, se nella causale si scrive "erogazione liberale ad O.N.L.U.S. deducibile ai sensi del D.P.R. 917 art. 13/bis del 1986 così come stabilito da D. Lgs 460/97 articolo 13".

Emanuela Casella
GAVCI Bologna

linguaggio giraffa comunicazione nonviolenta


articoli presi dal web, per l’incontro di formazione GAVCI Bologna del 4/3/2009



Il linguaggio giraffa è una modalità di comunicazione nonviolenta (conosciuta anche tout court come Comunicazione NonViolenta, abbreviata in CNV) ideata dallo psicologo statunitense Marshall Rosenberg per comunicare efficacemente nelle situazioni di conflitto. È una forma di assertività.


 

Appunti su: linguaggio giraffa (comunicazione nonviolenta) e definizione di nonviolenza

(articoli presi dal web, per l’incontro di formazione GAVCI Bologna del 4/3/2009)

Il linguaggio giraffa è una modalità di comunicazione nonviolenta (conosciuta anche tout court come Comunicazione NonViolenta, abbreviata in CNV) ideata dallo psicologo statunitense Marshall Rosenberg per comunicare efficacemente nelle situazioni di conflitto. È una forma di assertività.

La giraffa camelopardalis è il mammifero con il cuore più grande: quindi il linguaggio giraffa non esprime pretese, giudizi, oppure ordini (questi sono gli elementi che caratterizzano il linguaggio opposto, che Rosenberg chiama linguaggio sciacallo) ma si basa sull'osservazione dei fatti e sul tentativo di comprendere i bisogni dell'interlocutore indipendentemente dalle parole che questo usa.

Il linguaggio giraffa viene utilizzato in svariati ambiti: familiare, professionale, diplomatico (Rosenberg è noto per i suoi interventi in Sud Africa, Serbia, Israele, Ruanda e Irlanda del Nord), scolastico, religioso.

Psicologia

Parola di giraffa

Comunicare senza aggredire gli altri. Come nella savana

di Emma Zurla

Si chiama così, linguaggio giraffa, non solo perché questo animale, dall'alto del suo collo, ha orizzonti più ampi, ma soprattutto perché si tratta del mammifero con il cuore più grande. E il linguaggio della comunicazione non-violenta è quello che viene dal cuore. Lo ha ideato, 35 anni fa, Marshall Rosenberg, psicologo statunitense, che di recente è stato in Italia, ospite del Centro Esserci di Reggio Emilia (via Tito 5/e, tel. 0522/307404), per insegnare il suo metodo di comunicazione. Rosenberg lavora in ambiti diversi: famiglia, scuola, aziende, ma anche in politica e tra i popoli in guerra. Il suo linguaggio aiuta, infatti, a comunicare efficacemente in tutte le situazioni di incomprensione, siano esse familiari, coniugali, professionali, politiche, scolastiche o religiose. Rosenberg è noto per i suoi interventi in Sud Africa, Serbia, Israele, Ruanda e Irlanda del Nord, ovunque un conflitto richieda di sciogliere i nodi dell'incapacità di comunicare. I principi del suo linguaggio sono semplici. E, come testimonia Vilma Costetti del Centro Esserci, l'unica persona autorizzata a insegnarlo in Italia, questo metodo può migliorare la qualità della nostra vita quotidiana. "La parola crea confusione, malintesi e, in genere, la comunicazione passa attraverso la diagnosi, la classificazione o il giudizio dell'altro", spiega Costetti. "Ci sono tre modi di parlare che rendono difficile la comunicazione: esprimere pretese, giudizi, oppure ordini". Si tratta degli elementi del "linguaggio sciacallo", un modo di comunicare che rende pressoché impossibile godere delle differenze tra persone. "Chi usa il linguaggio sciacallo classifica il suo interlocutore, lo giudica, usando spesso categorie come "giusto", "sbagliato", "normale", "buono" o "cattivo" e, soprattutto "dovere"", osserva Rosenberg. "In questo modo, però, crea o aumenta le resistenze dell'altro rendendo difficile la comunicazione". Questo atteggiamento, infatti, implica che la persona con cui stiamo interagendo non abbia alcuna possibilità di scelta, e toglie ogni gioia nel dare. Chi cambia il suo comportamento dopo la sfuriata di uno sciacallo, allora, lo fa solo per senso di colpa, vergogna o paura. Esattamente opposti i principi su cui si basa il linguaggio giraffa, ovvero l'osservazione e la descrizione di ciò che sta accadendo, l'espressione dei propri sentimenti, valori e bisogni, e la formulazione di richieste precise. Chi parla giraffa non esprime giudizi e non ha pretese, semplicemente osserva i fatti e cerca di comprendere cosa si nasconde dietro le parole, spesso astiose, dell'altro. Quali sono i sentimenti che prova, quali bisogni e quali richieste si celano dietro insulti e atteggiamenti scontrosi? Così, il genitore o il partner con orecchie da giraffa percepisce i bisogni del figlio o del compagno indipendentemente da come sono espressi, mentre quello che ha orecchie da sciacallo riversa il torto sull'altro e interpreta ogni parola come critica o giudizio, dimenticando che ogni critica e ogni giudizio sono l'espressione maldestra di un bisogno

Comunicazione non violenta
Un linguaggio di vita, seconda edizione

di Suor Karen Hartman, SFP

Questo libro, scritto dal dott. Marshall B. Rosenberg ci aiuta a “creare la propria vita, i rapporti interpersonali e il proprio mondo in armonia con i propri valori”.

Un seminario tenuto in tre serate da Carol Brenner, SC al Centro di spiritualità delle Suore della carità di Cincinnati (Ohio) ha insegnato come ci rapportiamo alla famiglia, agli amici e ai colleghi. Carol ha usato un video in tre parti, dal titolo CNV: un linguaggio del cuore, che è un seminario del dott. Marshall Rosenberg, insieme al testo scritto da lui.

La prima sera, tutti i partecipanti sono stati invitati a rispondere alla domanda: “Perchè ti sei iscritto a questo seminario?” Io, da ingenua che sono, ho risposto semplicemente: “Ho cercato di fare attenzione al mio linguaggio, cercando di evitare parole che esprimono violenza”. Non avevo idea, in quel momento, che la comunicazione non violenta è in realtà molto più attiva ed efficace di quanto immaginassi.

 

Nel corso della discussione ci è stato presentato il linguaggio della GIRAFFA e quello dello SCIACALLO.

Il linguaggio della giraffa è non violento, fatto di comprensione. È comunicazione che scaturisce da un cuore che si preoccupa degli altri. La giraffa viene utilizzata come simbolo perchè ha il cuore più grande di tutti gli animali di terra (pesa circa 13 kili...).

Il linguaggio dello sciacallo è comunicazione che aliena la vita. Lo sciacallo pretende e giudica e blocca ogni possibilità di comprensione. Dice agli altri in che cosa sbagliano. La comunicazione che ne scaturisce è fatta di pregiudizi, di giudizi, di critica, di etichette. Il linguaggio dello sciacallo è una espressione “tragica” dei nostri stessi bisogni.

Possiamo parlare con cuore da giraffa e ascoltare con orecchie da giraffa, oppure parliamo da sciacallo e ascoltiamo facendo osservazioni da sciacallo.

La comunicazione non violenta (CNV) si basa sulla capacità di linguaggio e di comunicazione che rafforza la nostra capacità di rimanere umani, anche in condizioni difficili. Non ha niente di nuovo: tutto ciò che fa parte della CNV è noto da secoli. Lo scopo è di aiutarci a ricordare quello che già sappiamo, cioé che noi esseri umani siamo fatti per relazionarci tra di noi, e per aiutarci a vivere in un modo che esprima concretamente questa realtà.

La CNV ci guida ad esprimerci e ad ascoltare gli altri. Invece di reagire in modo abitudinario, automatico, le nostre parole diventano una risposta consapevole fondata direttamente nella convinzione di quello che capiamo, sentiamo e desideriamo. Ci viene insegnato ad esprimerci con sincerità e chiarezza, mentre nello stesso tempo restiamo attenti e rispettose nei confronti degli altri. In tutti i rapporti ascoltiamo le nostre esigenze più profonde e quelle degli altri. La CNV ci insegna ad osservare con attenzione, e ad individuare comportamenti e condizioni che ci influenzano. Impariamo a scoprire e ad esprimere chiaramente ciò che vogliamo veramente in una determinata situazione. La formula è semplice, ma ha una potenza trasformante.

La CNV consiste in quattro elementi:

  osservazione
•  sentimenti
  esigenze
  richiesta

Il processo della CNV:

Le azioni concrete che osserviamo hanno effetti su come stiamo/salute
Come ci sentiamo in rapporto a quello che osserviamo
Le esigenze, i valori, i desideri, ecc che producono i nostri sentimenti e
Le azioni concrete che chiediamo per arricchire la nostra vita, con un linguaggio concreto e positivo.

La CNV si articola in due parti:

•  espressione sincera nei quattro elementi
•  accoglienza aperta attraverso i quattro elementi

La CNV è uno strumento utile per costruire rapporti con gli altri e per esprimersi con sincerità e cercare di comunicare a cuore aperto. Il dott. Rosenberg afferma che la CNV è un processo semplice, però poi ammette che bisogna esercitarsi a metterla in pratica. Siamo stati invitati ad entrare in un gruppo di sostegno per continuare a metterle in pratica i principi della CNV quando parliamo insieme ad altre persone.

Ci sono molti altri aspetti della CNV che si possono prendere dal libro, per esempio su come esprimere gratitudine in una comunicazione non violenta.

La CNV fa una distinzione chiara di tre elementi nell'espressione di gratitudine:

  le azioni che hanno contribuito al nostro star bene;
  le nostre esigenze particolari che sono state soddisfatte; e
  i sentimenti di piacere generati dall'appagamento di queste esigenze

Dire “grazie” in CNV: “Ecco cosa hai fatto; ecco come mi ha fatto sentire; ecco l'esigenza che hai appagato”.

Abbiamo sete di gratitudine; il dott. Rosenberg continua dicendo che dobbiamo ricevere la gratitudine degli altri senza sentirci superiori o facendo finta di essere umili.

È valso la pena di partecipare a questo seminario, passato insieme ad altre persone con tanta voglia di imparare, di capire e di mettere in pratica il processo della CNV. È stato divertente anche raccontarci in classe delle volte in cui ci eravamo scoperti a comunicare da giraffa o da sciacallo.

Nonviolenza

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Il termine nonviolenza è la traduzione letterale del termine sanscrito ahimsa, composto da a privativa e himsa: danno, violenza. La parola ahimsa implica una sfumatura intenzionale che si potrebbe rendere con "assenza del desiderio di nuocere, di uccidere". Altre proposte, per esempio "innocenza", sembrano perdere qualcosa del significato originario. In Italia è stato Aldo Capitini a proporre di scrivere la parola senza il trattino separatore, per sottolineare come la nonviolenza non sia semplice negazione della violenza bensì un valore autonomo e positivo. Il Mahatma Gandhi sottolineava proprio questo elemento negativo: «In effetti la stessa espressione “non-violenza”, un'espressione negativa, sta ad indicare uno sforzo diretto ad eliminare la violenza che è inevitabile nella vita.» (Gandhi, Teoria e pratica della non-violenza, p.77). Chi segue la nonviolenza viene spesso definito nonviolento, ma molti preferiscono utilizzare l'espressione amico della nonviolenza per sottolineare che nessuno può avere la pretesa di eliminare dalla propria vita la violenza che fa parte integrante della natura umana, ma tutti possiamo avvicinarci alla pratica nonviolenta da amici seguendo un percorso che non può mai dirsi concluso.

L'espressione resistenza passiva era usata dallo stesso Gandhi fino a quando si rese conto che l'espressione correva il rischio di far pensare a un pacifismo di tipo religioso, inerte di fronte all'ingiustizia. Inoltre Gandhi voleva una parola indiana per una forma di lotta indiana. Satyagraha è un neologismo di Gandhi. Letteralmente significa forza della verità (Satya:Verità, graha: forza). Gandhi adottò tale termine per distinguere la “nonviolenza del forte” dalla resistenza passiva, la quale può coincidere con la “nonviolenza del debole”.





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