La pace è la strada

FORUM 2006: MIGLIAIA DI VOLTI, UNA SPERANZA

09/03/2006 12:59

La testimonianza di Mauro Furlan, volontario in Brasile, presente al Forum sociale 2006 di Caracas

Carissimi

Di ritorno a Rio

Vi scrivo da Rio de Janeiro. E’ una settimana che sono tornato in Brasile dopo aver passato 20 giorni tra Venezuela e Colombia e la partecipazione al Fórum delle Americhe a Caracas. Il clima che ho ritrovato, oltre al caldo, è quello della festa imminente. Il carnevale tanto atteso è alle porte ed eploderà in questo finale di settimana. Ci sono stati anche due eventi che hanno coinvolto le folle. Sabato sera i Rolling Stones hanno suonato sulla spiaggia di Copacabana per 1,2 milioni di persone, in un concerto gratuito, pagato da due imprese telefoniche. Gli U2 a San Paolo in due serate per un totale di 160 mila persone. Sul piano politico, ci sono già gli accenni dell’imminente inizio di campagna elettorale per la scelta del nuovo presidente del Brasile a settembre.

Dollaro in caduta
Con l’aumento delle esportazioni c’è stata una forte entrata di dollari, il che ne ha determinato la caduta di valore. 1 dollaro sono 2,125 reais. Annunci di guadagni record delle banche, si è cominciato con la principale il Banco do Brasil (40%).

Il nepotismo esiste ancora in Brasile
E’ successa anche una cosa abbastanza singolare. Si è approvata una legge che abolisce il nepotismo nel settore giudiziario. Di conseguenza, in tutto il Brasile circa 4 mila parenti che i giudici hanno assunto dovranno essere licenziati. La cosa sembra anacronistica, ma in Brasile la maggioranza degli impiegati pubblici è discrezionale e non per concorso. Per cui se io vengo nominato giudice, mi spettano di diritto 5 collaboratori. E’ ovvio che io chiami a lavorare i miei parenti. Questo non è solo nel potere giudiziario, ma in tutti i campi del potere pubblico. L’abolizione del nepotismo nel settore pubblico è il primo passo, adesso si deve fare la legge anche per gli altri settori. Però c’è una scappatoia interessante. Un giudice ha detto che al posto dei parenti sceglierà amici, fidati si intende. L’idea (feudale e coloniale) del potere come mantenimento della propia famiglia sarà duro a morire. Finche non si faranno i concorsi ed entrerà una idea della competenza, in tutti gli organi pubblici, cambierà poco in Brasile.

Il Carnevale
Ritorno al tema caldo del Carnevale. Sto ascoltando già da due mesi le canzoni delle 14 scuole di samba che sfileranno nel sambodromo e devo dirvi che sempre di più mi sento coinvolto dall’animo brasiliano e sento di amare questa follia che è il carnevale carioca. Il carnevale di Rio è conosciuto in tutto il mondo,ma per chi conosce il Brasile sa che tutte le città hanno un loro modo di esprimere questa festa. Olinda, Salvador, Recife, e via nominando tutte le città del nordeste hanno un loro modo tipico di vivere questa festa che coinvolge tutti. Il carnevale in Brasile è una vera “follia” nel senso che capovolge la realtà. Si annullano le differenze della vita e questo è il vero senso della festa: il povero diventa il re e il re spettatore. Il pazzo diventa saggio e il saggio pazzo. Gli esclusi e chi vive in periferia possono sfilare come dei signori nella strada più importante della città mentre il ricco fugge dalla folla che ne prende possesso. Il Carnevale si arricchisce di senso e soprattutto di forza dentro la realtà di povertà. Il Carnevale nel mondo è dei poveri. Solo loro possono capire questa follia, diventare re per un giorno. Far scomparire la miseria della vita, celebrare la festa come senso dell’esistenza. Nessuno può celebrare la festa nella sua verità, se non un povero. Nessuno può celebrare il mondo che non esiste se non il povero. Il mondo in questi giorni si sta capovolgendo e io sono testimone della follia dei poveri, vedo i loro semplici vestiti trasformarsi in un luccichio di mille colori. Non so quanto possano essere comprensibili queste mie parole, io sono sempre uno straniero, ma per aiutarvi vi allego alla fine del mio testo, le parole di Edith, brasiliana, lei meglio di me può esprimere il senso di questa festa.

Aggiungo le riflessioni che ho scritto in questi giorni riguardo al Forum.

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I cammini aperti dell´America latina... e del mondo
Un resoconto del Secondo Forum Sociale delle Americhe
Caracas 24-29 gennaio 2006
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Credo che sia difficile in poche parole esprimere e condividere l’esperienza vissuta al Forum. 80 mila persone di tutti i paesi delle due Americhe, 2.500 associazioni, 2.000 incontri di discussione sulle tematiche sociali più diverse. Per non parlare dei colori, della musica, attività culturali e poi i dialoghi personali, gli scambi tra popoli di stati diversi e la condivisone di progetti comuni. La grandezza dell’evento e il numero di incontri è difficile da poter raccontare. La cosa che però si percepisce è la volontà di tante persone di creare legami, di unire forze, idee, analisi, per capire la crisi che si vive e gli ostacoli che ci sono davanti. Solo assieme a tanti attori sparsi per il mondo possiamo scommettere su un altro mondo possibile, nonché necessario. Il forum si può paragonare ad una casa con tante porte e finestre. Si entra per qualche porta e si guarda da qualche finestra. Quello che si vede è differente, ma tutto questo con l’obiettivo di comprendere la realtà politico-sociale-economica-culturale che ci circonda e scommettere sul cambiamento. Questa esperienza è qualcosa di unico, dove i risultati si vedono molto di più a livello di singoli ambiti di lotta che a livello globale del forum. E’ un’ esperienza, come si usa dire, trasversale e non verticale. E’ una visone completamente differente dalla gestione del potere, dove normalmente alla conclusione c’è una decisone comune a cui tutti devono obbedire, come si farebbe in qualsiasi incontro di partito o di organismo che ha per obiettivo il potere. Il forum vuole essere il contrario del centralismo e del verticalismo, dando spazio alla diversità. Il documento alla fine del forum è più una agenda dove sono segnate le date degli appuntamenti per lottare che una decisone di chi deve comandare e come deve comandare. Dopo il forum i singoli attori riprendono il loro cammino di impegno. Per questo anche le impressioni e la ricchezza che ci si porta a casa sono le più differenti. Per quanto mi riguarda in queste poche parole raccolgo alcune cose che mi hanno colpito e che ritengo significative.


Venezuela come sede dell’evento Caracas, capitale del Venezuela è stato il palco dell’evento. Il Venezuela ha 26 milioni di abitanti in una superficie grande tre volte l’Italia. Caracas ha 5 milioni di abitanti. La città si trova in una valle circondata da montagne e la più significativa, che domina la città, si chiama Avila. Il clima è stato buono e durante il giorno faceva caldo. Come Rio de Janeiro è circondata da favelas anche se qui si chiamano “barrio”, ma presentano la stessa povertà e violenza di Rio.

Vene di speranza
La prima impressione che ho avuto al Forum, partecipando alle varie attivitá é stata quella di parafrasare lo scrittore Edoardo Galeano. L´America latina descritta nel suo libro ´´ Le vene aperte dell´America Latina ´´ é la storia di 500 anni di schiavitú, sfruttamento, oppressione, colonialismo. Adesso questa situazione si sta capovolgendo in possibile cambiamento. Adesso le vene aperte diventano cammini possibili, il sangue é vita. Questo Secondo Forum delle Americhe, ha avuto una presenza minore dei movimenti indigeni se lo confronto con il primo Forum a cui ho partecipato a Quito (Ecuador) nel 2004, ma le tematiche legate a questo continente c´erano tutte.

Il linguaggio del Forum
Al Forum hanno partecipato di piú di duemila tra movimenti sociali, partiti, sindacati, organizzazioni non governative, associazioni, specialmente movimenti di sinistra, femministi, indigeni, ecologisti. C´é stata una forte presenza di venezuelani (erano in casa) e di colombiani, canadesi e non potevano mancare i brasiliani saliti in massa. Al forum si parlava spagnolo (castigliano per l´esattezza) e portoghese, ma non manvaca l´inglese e il francese. C´era anche un gruppetto di Italiani. Guardando oltre la diversitá di lingua, ci sono state delle parole che erano sulla bocca di tutti: neoliberismo, democrazia partecipativa, giustizia sociale, diversitá, ecologia, diritti umani..


Un Nemico comune
Al forum cé una sintonia sulla lotta. Il nemico é stato identificato: il neoliberismo con i suoi centri di potere economico (Stati Uniti, Europa, Giappone). I movimenti sociali sono di fatto una reazione al dominio neoliberale che con il denaro e le armi vuole instaurare il suo dominio in ogni angolo della terra. Specialmente nel sud del mondo dove si vivono gli effetti negativi di questa imposizione. La reazione é quella di difendere la propria diversitá e la richiesta di avere uno sviluppo diverso dal nord del mondo. Il nemico identificato come persona é Bush e tutto il sistema che impedisce di fatto la crescita del sud del mondo.

Quanto petrolio vale un figlio
Un momento emozionante del forum è stata la testimonianza di genitori di soldati degli Stati Uniti morti in Iraq. Parole forti contro la guerra, contro la logica del dominio e delle motivazioni che portano a fare la guerra dove muoiono i propri figli e i figli di altri genitori. Le testimonianze hanno rafforzato in tutti i partecipanti del Forum la coscienza che la guerra è il grande male ed è uno dei primi obiettivi di lotta dei movimenti sociali. Uscire dalla mentalità di violenza è ancora il grande obiettivo dell’umanità.

La tua bocca è fondamentale contro il fondamentalismo
Questo è lo slogan di uno dei gruppi femministi più attivi in Brasile. Per chi è donna la vita a questo mondo è più difficile. Povertà, violenza, esclusione, colpiscono più le donne che gli uomini e sono loro che portano maggiormente il peso delle ingiustizie. Molte organizzazioni femminili hanno discusso nei giorni del forum le tematiche legate alla differenza di genere. La coscienza delle donne nel mondo sta crescendo e anche la possibilità di parlare e difendere i propri diritti. Poter parlare, avere il coraggio di parlare è anche la cosa fondamentale per combattere tutti i fondamentalismi e i settarismi. Questa è la grande lezione dei movimenti femministi.

Echi di Bamako
Nel mondo, quasi in contemporanea con il forum delle Americhe di Caracas si stavano svolgendo altri forum. Si era concluso da poco il forum africano a Bamako in Mali. Alcune persone che vi avevano partecipato hanno detto che è stato un momento molto forte, che l´Africa si sta svegliando e si sta organizzando la resistenza. Anche per l´Africa i movimenti sociali sono la speranza di un futuro diverso. Il forum dell´Asia previsto a Karachi in Pakistan é stato sospeso a causa del terremoto e si fará a marzo. Il prossimo forum mondiale sará a Nairobi, in Kenia nel gennaio 2007. La cosa ormai assodata é che i governi dei vari paesi del sud del mondo sono tutti compromessi con la logica neoliberale a cui non interessa affatto lo sviluppo dei popoli: é meglio dominare e sfruttare. La speranza di un mondo differente viene solo dai movimenti sociali.

Una nuova sfida: il mondo arabo
Uno dei responsabili del forum ha detto una cosa che a me europeo ha fatto rizzare le antenne e dopo la sua conferenza ho potuto domandargli meglio cosa intendeva. Lui diceva che i forum ormai si stanno organizzando nelle varie parti del mondo (America, Africa, Asia, Europa), ma manca ancora una grande fetta: il mondo arabo. Questa é una nuova sfida perché é un mondo che ha un modo di pensare totalmente diverso dal nostro e inoltre é fortemente discriminato per l’ accusa di terrorismo. Peró anche là qualcosa si sta muovendo. Nei giorni seguenti al forum lui parteciperà ad una riunione in Marocco con tutti i movimenti islamici europei. Questo esprime il desiderio di molti mussulmani di superare lo scontro tra il nostro mondo e il loro e il desiderio di cambiamento all´interno stesso del mondo arabo.

Al ritmo di forum
Partecipando ai forum ormai da 4 anni mi sembra che si sia creato un ritmo. Durante l´anno si organizzano varie campagne , manifestazioni, attività e ogni organizzazione porta avanti il suo programma. Poi c’è l´incontro annuale del forum dove si mettono insieme successi e fallimenti, si creano collegamenti sempre più grandi, si rinforzano e si creano strategie di lotta. In tutti gli incontri a cui ho partecipato ho sempre sentito parlare di crescita, di nuove lotte, di approfondimento del dibattito , di ampliare e coinvolgere.. Tempi di lotta e tempi di incontro, i forum battono il tempo della musica del cambiamento.

La diversitá e non l´uniformazione é il valore
Al forum di solito partecipano persone che hanno un orientamento politico di sinistra, anche se ormai questo modo di esprimersi é vecchio. Sono persone che hanno come priorità il sociale rispetto all´economico. Il problema di fondo comunque é quello di creare una nuova cultura di cittadinanza che incorpori l’ idea di diversitá, che né l’ ideologia di destra , né quella di sinistra possiedono. Riscattare la diversitá che esiste nel mondo e cioé incorporare piú volti possibili, é questa la vera sfida ed é per questo che il forum non vuole avere un’ idea unica. E´una nuova sfida perché significa imparare qualcosa che nessuno ha insegnato ( e sa insegnare) : il dialogo, l’ incontro, l’ incorporare rispettando la diversitá. Il forum sociale non ha lo scopo di trovare un pensiero unico, ma creare osmosi tra le differenze. Il metodo non é ancora sufficientemente chiaro e permangono ancora i due rischi opposti: frammentare per accentuare troppo la diversitá facendola diventare un evento folcloristico o assolutizzare una parte creando un nuovo dominio, un nuovo potere, un nuovo uomo forte . Se il plurale é la regola, su cosa trovare il consenso? Tra i mille problemi che ciascuno percepisce, quali sono quelli prioritari? Il forum per ora rimane fermo sul dato di partenza: includere, essere un luogo dove ci stanno tutti, unire attorno a problemi comuni, condividere il potere, far crescere la base.

Chi vince prende tutto.. come cambiare la logica del potere
Una delle cose che più mi porto dentro e ancora non capisco è il problema del potere. Al forum mi sono reso conto che nel mondo c’è una sola idea di potere. Chi vince le elezioni, chi arriva al potere prende tutto, tende ad azzerare l´opposizione, la diversitá. Pensa di fare meglio degli altri e per questo ha bisogno di tutto il potere. Eliminare l´avversario o comprarlo é la regola. Tutti i potenti si comportano in questo modo. L´idea é che per comandare bisogna annullare l’opposizione. Di fatto, nel mondo questa logica porta solo a perpetuare gli interessi dei forti di turno. Nel mondo questa idea di potere si è verificato come fallimento. É necessario integrare la diversitá nella logica del potere. Inoltre nella nostra mentalitá chi é al potere dice cosa si deve fare, togliendo alla base la possibilitá di parlare. Questo é il caso del Brasile. I movimenti sociali che hanno portato Lula al potere ora non possono dire piú niente, ma solo continuare a protestare. Il potere toglie il protagonismo al popolo e questo porta alla perdita del senso di cittadinanza, cosa che succede anche in Italia. Il vero problema è la democratizzazione del potere. La nostra democrazia si fonda sulla rappresentazione, ma abbiamo capito che chi viene rappresentato sono i potenti. Anche in Brasile i partiti o gli interessi dei vari potenti lottizzano tutti gli spazi e le istanze delle persone vengono ancora una volta disattese. Il forum insegna che l’unica alternativa non è cambiare persona, cioè scegliere la persona che puzza meno ( come si dice in Italia) ma organizzare forum di discussione dove ci sono tutte le forze. La logica che domina è quella che noi siamo migliori degli altri, il nostro partito fa meglio.. poi alla fine si dimostra che nulla cambia. La partecipazione delle persone la metodologia del forum è ancora una forma da inventare a livello di partecipazione nella gestione del potere.

´´Alerta, alerta, alerta que camina, a espada de Bolivar por America latina´´
Al forum i due volti che erano piú rappresentati nei cartelloni, nelle magliette e negli slogan sono stati (oltre a quello di Chavez) quelli di Che Guevara e di Bolivar. Il ritornello scritto qui sopra, cantato spesso al forum, richiama a Simon Bolivar che ha lottato per l´indipendenza dell´America Latina dagli spagnoli e per la sua unitá. Il presidente Chavez ha fatto rinascere la sua immagine e il Venezuela si chiama Repubblica Bolivariana di Venezuela. Bolivar é l´eroe del momento in questa America che lotta per la libertá. Assieme a lui, specialmente per il mondo dei giovani presenti in massa al forum, la figura di Che Guevara, immagine immortale di lotta per la libertá. Sappiamo che nel mondo giovanile, Gesú Cristo deve competere con il CHE.

Linguaggio di guerra
Una delle cose che mi sono difficili da vivere é il linguaggio della lotta, della guerra che i movimenti usano al forum. Per la mia formazione sono piú portato a parlare di riconciliazione, di lottare contro un nemico interno. Mi sto interrogando se esiste un nemico esterno contro cui dobbiamo lottare. Bush può essere il mio nemico? Per certo so che esite un nemico terribile che é la menzogna e poi un sistema economico che schiaccia le persone. Ma quale lotta si deve fare contro questi due nemici? Non si può neanche rimanere indifferenti perché altrimenti si diventerebbe complici. Io resisto all´idea che gli altri sono miei nemici. Preferisco pensare che ci sono idee non buone, sullo stile di Gandhi, di cui ricorreva l´anniversario dell’ assassinio il 31 gennaio (1948). Mi rendo conto inoltre che tante persone che lottano pacificamente per difendere i diritti umani sanno che vanno incontro alla morte e nel forum ci sono state tante testimonianze in questo senso. Che tipo di lottatori ha bisogno questo mondo? So inoltre quanto è forte la demogogia e come si possono giustificare le cose più orribili. Mi irrita sapere che un sistema che si dice buono e democratico usa la forza per annientare quel modo diverso di pensare che lo ha dipinto previamente come nemico. Quelli che si pensano buoni hanno sempre bisogno di demonizzare qualcuno e combatterlo. Non credo piú alla bontá dei buoni, l´ipocrisia é una cancrena che colpisce tutti, specialmente i buoni. Diffido anche della mia bontà. La lotta esiste e non mi posso tirare indietro. Credo nelle persone che incontro, nella possibilitá di convergere. Lottare contro la mentalitá che esclude, che crea apartheid, che delinea nuovi mostri, innalza nuovi muri (vedi Usa-Messico e Israele-Palestina), concentra ricchezze, nasconde menzogne dietro belle parole. Forse questa é la lotta a cui voglio partecipare.

Mauro
22 febbraio 06
Rio de Janeiro

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Terra adorata tra altre mille,
Sei tu, Brasile,
la patria amata!
Dei figli di questo suolo sei madre gentile,
patria amata, Brasile!
(dall’inno nazionale brasiliano)

Chiedo scusa per l’introduzione patriottica, ma non sono riuscita a trattenermi. Normalmente i miei amici italiani ammirano il mio lavoro e non perdono occasione per dimostrarmi la loro solidarietà incentivando il mio operato in mille modi. Però, in questo periodo dell’anno, avviene un cambiamento radicale, gli sguardi su di me diventano severi, giudici implacabili che, trovata la spiegazione per i loro dubbi, possono quindi emettere il verdetto: la condanna, è chiaro. O, al contrario, gli sguardi si dipingono del colore dell’indulgenza, del colore tiepido e appiccicoso di chi pensa di essere in una posizione sicuramente più elevata da poter percepire chiaramente il processo di funzionamento delle cose, l’aria che tira, il molle andazzo pigro, come se dicesse: lo so figliola, lo so. E dirò di più, sento in questi atteggiamenti come se le persone avessero chiare le spiegazioni per tutto e che queste stesse spiegazioni giustificassero i due opposti: o l’implacabile verdetto o l’indulgenza appiccicosa. All’inizio cercavo di razionalizzare, pensavo che il pragmatismo nel quale i miei amici italiani erano nati e cresciuti, quando messi davanti alla diversità del mondo, arrivava ad accecarli. In seguito capì che no, non era il pragmatismo, era pregiudizio puro. La domanda che mi fanno è sempre la stessa, ripeto, sempre la stessa: come è possibile danzare, cantare, festeggiare, giocare (in portoghese si dice “brincar o carnaval”, letteralmente, giocare il carnevale”; ndt) ed essere felice con tanta miseria che ci circonda? Come è possibile dedicare un anno intero di lavoro per organizzare una festa che dura alcuni giorni e non importarsi minimamente delle condizioni di vita in cui si vive? Non sarebbe meglio sospendere la festa e spendere l’equivalente in miglioramenti tangibili? No, rispondo io. Nell’epoca della schiavitù, nell’epoca in cui più di due terzi della popolazione del paese era schiava, la festa, la celebrazione sempre fu l’unico modo possibile per riuscire a sublimare la sofferenza e potere sopravvivere a un giorno in più di frustate e umiliazioni. Oggi non è molto diverso da quei tempi là. Il nostro popolo vive oppresso nei suoi diritti più naturali. Ogni volta che deposita la speranza in qualcuno venuto per cambiare, è costantemente tradito, venduto, deriso. Coltivare l’anima della festa nel segreto del cuore, diventa così l’ossigeno vitale per affrontare il tran-tran di tutti i giorni, per poter resistere alla sofferenza. Nessuno è fatto per soffrire, nessuno vuole vivere per questo. I nostri indios insegnano quello che già era scritto nel vangelo apocrifo di Tommaso, Dio è materialmente in ogni luogo, dentro all’albero, nella nuvola, nella pelle del tamburo, negli occhi dell’amata e, attraverso la danza e la musica portata dagli africani, con Dio possiamo comunicarci, sentirlo fisicamente. Il Carnevale ci è stato insegnato dai portoghesi che lo ereditarono dai fescennini latini. Abbiamo trasformato rituali antichi quanto l’uomo nella più grandiosa festa della Terra, siamo riusciti a far sì che la nostra anima dionisiaca si appropri dei nostri corpi martoriati e affamati e li trasformi nei più belli e sensuali corpi mai visti. È oggi che riconosco la mia gente ed essa può rispecchiarsi in me. È oggi che mi rispecchio nella mi gente e riesco ancora ad incontrarla. Possiamo celebrare la vita nella sua essenza più profonda: la coscienza individuale che si impadronisce del collettivo e fa di lui la sua forza e la ragione della sua esistenza. Le strade dei tutto il Brasile gremite di gente, siamo tutti qui, guardandoci negli occhi a desiderare che la diversità del mondo prenda le nostre vite e ci faccia diventare migliori. Dalle pietre delle strade si Salvador, Recife, Manaus, le pietre delle strade del paese, cementate col sangue di milioni di schiavi che nei cinquecento anni della nostra storia qui passarono e morirono, da queste pietre, oggi, sgorga latte e miele. La danza, la musica, il sole, il mare, sapere che siamo vivi, tutto oggi è motivo di profonda gioia. Dal punto più alto di Rio de Janeiro, il Cristo Redentor abbraccia felice il Brasile perché vede che siamo riusciti finalmente a trasformare la patria crudele e insensibile che divora i suoi figli più deboli, in “mãe gentil”, in madre gentile. La madre gentile dell’inno nazionale, la madre gentile di tutti noi. Viva la Foresta Amazzonica, viva il Cristo Redentore, viva il Carnevale, viva il Brasile.

Edith Moniz

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